PIRANESI - RECENSIONE

Piranesi. 

Da dove iniziare?

È molto difficile spiegare di cosa parla questo libro individuando una trama e senza rivelare i dettagli e il finale.

 

Comincio parlandovi del protagonista.

 

Piranesi, appunto, è un po' come un bambino che piano piano scopre il Mondo e cosa vuol dire viverci. Ciò che lo muove è la sua curiosità, la sua sete di sapere. Il suo motore: la sua confusione. Ciò che lo plasma: una viva coscienza scientifica. È un personaggio dotato di viva intelligenza, che non accetta tutto quello che gli accade o che gli viene detto, ma che lo mette sempre in dubbio. È un personaggio con cui potrebbe essere chiaramente difficile provare empatia all’inizio, in quanto fatto di due emozioni principali (appunto: curiosità e confusione), le sue relazioni sono difficili da individuare e capire fino in fondo, perché per una buona parte del libro non sono il fulcro della vicenda.

Piranesi, inoltre, è un uomo dallo spirito scientifico che tende ad annotarsi i suoi pensieri e le sue esperienze. Lo stile narrativo è quindi quello diaristico, per così dire, che non è il mio preferito e inizialmente mi aveva lasciato un pochino dubbiosa. Inutile dire che mi sono ricreduta senza troppi problemi.

 

Avevo iniziato a leggere il libro perplessa dal numero di parole, nomi, descrizioni, indicazioni apparentemente non "utili", se non a livello estetico, che Susanna Clarke aveva scelto di inserire senza un apparente avanzamento della trama vero e propria.

Ad un certo punto, ben prima della metà del romanzo, abbiamo la prima rivelazione e da lì è un crescendo che culmina nelle ultime 50-60 pagine, in cui, con un cambio stilistico parziale, l'autrice riprende tutti i pezzi che aveva seminato precedentemente e li fa combaciare con estrema delicatezza e dolcezza in quella che secondo me è una delle migliori letture di quest'anno.

"Piranesi", in più, è un libro imprevedibile, con la sua dose di prevedibilità. Ma sapete cosa? Di questo non vi interesserà per nulla.

 

Il perché di queste mie idee risiede nei diversi livelli di lettura che si possono trovare, che vi parlano dell'essere umano nella sua profondità e complessità in maniera estremamente semplice e diretta.

Innanzitutto, ritengo che questa storia sia una storia molto costruita sui contrasti: Logica-Pazzia, Realtà-Immaginazione, Solitudine-Socialità. Ci sono delle scelte che vengono fatte, ma anche delle contraddizioni che sincretizzano tutto. E per me qui c'è della bellezza: il riconoscimento che non debba essere tutto sensato o non contradditorio per essere logico.

In questa parte mi addentrerò un po' di più nei dettagli del libro, ma parlando per archetipi, esattamente come l'autrice, non ci saranno spoiler sulla trama e sui colpi di scena, per cui secondo me potete leggere tranquillamente.

 

•Il primo livello di lettura è quello semplice e basilare della trama e della storia che vi viene presentata.

•Un secondo livello di lettura è quello che riguarda il contrasto tra Logica e Pazzia e, se vogliamo, Realtà ed Immaginazione. La forza che sta nell'uso della logica è di sicuro riconosciuta e apprezzata: ti porta avanti, ti aiuta a superare degli ostacoli, ti aiuta a discernere ciò che è vero da ciò che non lo è. Ma la logica può ingannarti, perché è basata sulla conoscenza che hai del Mondo.  

E se questa conoscenza fosse sbagliata?

A questo punto bisogna mettere in dubbio tutto: se stessi, la propria percezione. Bisogna avere il coraggio di provare paura e ammettere di poter sbagliare. 

E cosa si perde se ci si affida solo e completamente alla pura logica? Cosa si può raggiungere senza costrutti mentali e categorie? Cosa si può trovare prima che queste ci plasmassero?

Questi due concetti, che sembrano così antitetici, vengono incarnati da due personaggi del libro: il Profeta e Piranesi. Uno, uomo senza scrupoli, che cerca di sfidare la Ragione, ma che ne tiene conto, che per i suoi scopi vuole riabbracciare il sé che ha ancora quello stupore infantile grezzo e non modellato dal Mondo, che mostra la sua Pazzia nelle sue teorie e nel suo comportamento, ma che non riesce a raggiungere il suo scopo. Il secondo, dotato apparentemente di una logica ferrea e metodo scientifico, che non accetta niente (o quasi) senza avere delle prove, che però man mano che leggi sembra sempre di più aver perso la Ragione.

Due Persone. Due Mondi. Due Visioni. La Ragione che si percepisce in entrambi, la Pazzia che fuoriesce da ognuno.

•Un terzo livello di lettura parla del dolore per la perdita di se stessi, di una parte di se stessi. Del lutto per il cambiamento che nel tempo avviene in ciascuno di noi, dell'accettazione di quello che si è stato, che si è e che si sarà. Della capacità di lasciar andare questa parte amando ciò che si è stati, ma anche dell'importanza di non lasciare andare completamente tutto.

•Il quarto livello di lettura è quello che preferisco e che per me racchiude una nota struggente: la Solitudine. L'idea che si è sempre soli nonostante le persone che si provano ad invitare dentro il proprio Mondo. Come questo sia un po' un male e un po' un bene. O semplicemente che questo è quello che è.

È un libro sulla ricerca di essere un po’ meno soli. Non solo tramite l'altro, ma proprio tramite l'accettazione e la benevolenza di questo proprio Mondo, che è unico e che ogni tanto decidi di mostrare a qualcuno nella sua bellezza e purezza.

•Il quinto livello di lettura (e qui non vorrei fare il passo più lungo della gamba) è il percorso e l'uscita da uno stato di depressione. Ma anche del perdere se stessi e in se stessi. Del ritrovare una via nel labirinto delle nostre idee, percezioni, sentimenti, mancanza di senso, solitudine, incomprensione, difficoltà ad accettare diverse verità e realtà.

•Il sesto livello, che non è propriamente un livello di lettura è: beata ignoranza. Beata innocenza. Beati noi quando ancora eravamo bambini e non ci preoccupavamo di nulla. Quanti di noi hanno pensato almeno una volta nella vita: "vorrei tornare bambino?". Sapere troppo a volte fa male. Non è una scusa per non cercare il Sapere, ma, di nuovo, quanti di noi hanno pensato, almeno una volta: "Vorrei sapere un po' meno? " Perché se sapessimo meno, non saremmo così turbati.

 

Per me la bellezza di questo libro si racchiude in questi punti. E sono questi i libri che voglio leggere: i libri che ti fanno emozionare, che ti fanno venire voglia di parlarne, di discuterne, di rimanere a pensarci. Che ti lasciano un velo di malinconia e dolcezza.

 

Passo adesso a una parte di apprezzamento più stilistico e tecnico in cui troverete degli spoiler su alcuni dettagli:


Susanna Clarke riesce a prendere degli strumenti narrativi che in altre mani avrebbero potuto correre il rischio di essere scontati, prevedibili e fastidiosi ed è riuscita a integrarli perfettamente nella trama:

•Il Deus Ex Machina rappresentato dal Profeta, che spiega una buona parte di quello che avete bisogno di sapere e che serve per lo svolgersi della vicenda. è ben inserito e piacevole da leggere. Non sembra info dumping, anche perché queste informazioni sono divise tra lui e alcune annotazioni di Piranesi.

•L'idea dei mondi paralleli, che a me piace molto, ma fa anche molto storcere il naso negli ultimi tempi, è usata magistralmente. Clarke non si limita a parlare di un multiverso (come ci ha fatto capire un po' Laini Taylor ne "La Musa degli incubi"), ma utilizza questo concetto di un mondo creato da energie non più messe a frutto, energie naturali come quelle di un essere vivente che è il Mondo, che si riversano all' esterno per crearne un altro (simile alla teoria di Gaia). Un Mondo di idee con vita propria, un Mondo accessibile a chi accetta la possibilità di un punto di vista diverso, fatto da un quel po' di immaginazione, stupore e pazzia. Un Mondo Trasgressivo, rispetto a quello che abbiamo ordinato noi.

•L'amnesia parziale di Piranesi: conveniente da un punto di vista narrativo, non l'ho trovata fonte di fastidio. Al contrario è ben spiegata e inserita in uno dei livelli di significato del libro: la perdita di se stessi.  E tutto è spiegato nella Natura stessa della Casa.

Insomma, Susanna Clarke riesce dove (forse) altri avrebbero fallito e dimostra come non si debbano per forza usare strumenti mai visti prima per creare qualcosa di nuovo e sorprendente.

 

Ci sono poi delle intuizioni che trovo davvero bellissime:

•La Casa che in una sua parte è metafora della pazzia: dolce e bellissima, sensata nella sua follia, ma labirintica.

•La differenza nell'esprimersi tra Piranesi e il su sé precedente.

•Lo svilupparsi del Mondo oltre la Casa tramite la lettura dei taccuini. Senza troppi racconti e parole inizialmente e poi sempre di più, Susanna Clarke ti porta dai Saloni e le sue Statue a un mondo che riconosci.

•La fiducia totale di Piranesi nell'Altro. Può forse dare fastidio a qualcuno inizialmente, ma anche quella si incastra a perfezione con l'animo infantile di Piranesi e con l’innocenza insita per lui nell'unica relazione che abbia mai creato.

•Nella scena finale si capisce come Piranesi sia riuscito a instaurare un dialogo con la Casa, quello che cercava il Profeta, anche se non esattamente. L'energia che aveva lasciato il mondo ci torna parzialmente con Piranesi, che porta un pezzo della Casa dentro di sé. Perché lui è il Figlio della Casa. Simbolicamente questo accade quando nevica e la neve nella letteratura è simbolo di purezza, innocenza ed è anche ciò che copre tutto quello che c'è di brutto con una coltre bianca.

Anche qui, nel finale, ci sono diversi livelli di lettura: quello in cui il nuovo protagonista accetta di essere stato sia Matthew che Piranesi; quello di coesistenza tra Pazzia e Ragione, che sembra una contraddizione, ma dà vita a qualcosa di nuovo e bellissimo; quello del riuscire a sentirsi un po' meno soli.

Piranesi è ciò che preferisco in un libro: il suo saper parlare tramite una storia, senza essere scontato, della delicatezza, dolcezza e profondità dell'essere umano. Delle sue emozioni, della sua mente e del mistero che può essere.

 

Concludo con una citazione che per me calza a pennello:

 

"...se siete accanto a un altro, e gli guardate negli occhi [...] potete figurarvi come un mendico davanti a una porta in cui non potrà mai entrare: chi vi entra, non sarete mai voi, col vostro mondo dentro, come lo vedete e lo toccate, ma un ignoto a voi, come quell'altro nel suo mondo impenetrabile vi vede e vi tocca..."


Luigi Pirandello, Enrico IV




 


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